La Corte D’Appello di Bologna in accoglimento dell’atto di gravame presentato dalla società correntista e dai due fideiussori, tutti assistiti dall’ Avv. Alessio Orsini, ha revocato integralmente il decreto ingiuntivo di € 75.000,00 emesso dal Tribunale di Ravenna.
Con il primo motivo di appello, è stata rilevata l’inammissibilità della produzione tardiva degli estratti conto e quindi l’erroneità del provvedimento con cui il Tribunale di Ravenna concedeva la remissione in termini.
Difatti, quando la convenuta opposta depositava istanza di remissione in termini per la produzione della seconda memoria istruttoria, in realtà non erano ancora decorsi i termini perentori, motivo per il quale avrebbe potuto rimediare al precedente errore nel deposito.
Risultando tardiva la produzione della seconda memoria con i relativi estratti conto allegati, la Corte D’Appello ha ritenuto che la domanda di pagamento fosse sfornita di prova, non essendo a tal fine sufficiente il certificato ex art. 50 TUB.
La Corte D’Appello ha altresì accolto il secondo motivo inerente la mancata produzione del contratto di fideiussione, non essendo sufficiente il solo deposito dell’aumento di massimale.
In ragione di ciò, è stata accolta l’eccezione di decadenza dal diritto di agire ex art. 1957 c.c. con conseguente inefficacia della fideiussione.
In riforma quindi della Sentenza di primo grado, sia la società che i fideiussori sono stati completamente esdebitati dall’ingiunzione di € 75.000,00.
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Con decisione del 06.10.2022, la Corte D’Appello di Bologna, in accoglimento del gravame spiegato dal fideiussore patrocinato dall’ Avv. Alessio Orsini, ha revocato integralmente il decreto ingiuntivo con cui era stato intimato di pagare la somma di € 77.469,00.
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Nel caso deciso dalla Corte D’Appello di Ancona il fideiussore si era visto rigettare, in primo grado, l’opposizione a decreto ingiuntivo (spiegata da altro avvocato) che lo vedeva debitore dell’ingente somma di € 1.012.500,00.
Si rivolgeva, quindi, all’ Avv. Alessio Orsini, il quale spiegava appello rilevando per la prima volta la nullità della fideiussione poiché conforme al modello ABI dichiarato lesivo della concorrenza.
In accoglimento del gravame, la Corte D’Appello ha ritenuto la nullità parziale della fideiussione omnibus ed in particolare la nullità della deroga al termine decadenziale di cui all’art. 1957 c.c.
Il fideiussore quindi si è visto esdebitato totalmente rispetto all’ingiunzione di € 1.012.500,00.
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A seguito di appello spiegato con il patrocinio dell’Avv. Alessio Orsini, la Corte D’Appello di Ancona ha integralmente riformato la Sentenza di primo grado ed in “totale accoglimento” ha dichiarato la nullità parziale della fideiussione e revocato integralmente il decreto ingiuntivo di € 609.720,78.
In primo grado i due fideiussori (assistiti da altro difensore) si erano visti rigettare l’opposizione a decreto ingiuntivo mentre, in grado di appello, la Corte in “totale accoglimento” dell’appello spiegato dall’ Avv. Alessio Orsini, ha ritenuto che quelle prestate fossero delle mere fideiussioni e non dei contratti autonomi di garanzia e che la Banca avesse agito oltre il termine decadenziale di cui all’art. 1957 c.c.
A tal proposito, l’Avv. Orsini, ha rilevato come le fideiussioni prestate fossero corrispondenti al modello ABI dichiarato lesivo della concorrenza dall’Antitrust e dalla Banca D’Italia e quindi le 3 clausole abusive, di sopravvivenza, reviviscenza e deroga al termine decadenziale di cui all’art. 1957 c.c. dovessero dichiararsi nulle.
La Banca confessa l’usura e il Tribunale dichiara l’inefficacia del precetto e l’illegittima revoca di due contratti di mutu
Il Tribunale di Udine, con Sentenza del 13.06.2022, ha accolto l’opposizione all’esecuzione ex art. 615 I° co. c.p.c. spiegata da una società mutuataria - assistita dall’ Avv. Alessio Orsini - contro l’istituto che le aveva concesso due mutui ipotecari.
In particolare, è stata accertata l’usura contrattuale dei tassi nominali applicati ad un contratto di mutuo, dopo che la banca opposta ha aderito all’eccezione di pattuizione usuraria degli interessi.
Nel caso di specie, è stato decisivo il costo sostenuto per il confidi, ossia per il consorzio di garanzia che la Banca aveva richiesto in sede di erogazione del mutuo e la cui incidenza andava computata come costo del credito ai fini antiusura.
In ragione del superamento del tasso soglia, è sorto in capo ai mutuatari un diritto restitutorio pari a tutti gli interessi corrisposti, ai sensi dell’art. 1815 II° co. c.c.
Poiché gli interessi pagati dalla mutuataria erano superiori rispetto alle rate scadute, il Tribunale ha ritenuto che non sussistessero i presupposti per la risoluzione del mutuo.
Medesimo risultato anche per il secondo mutuo, in quanto le maggiori somme corrisposte per il primo mutuo, hanno determinato un forte ridimensionamento delle rate scadute, tanto da non ritenere verificata l’ipotesi di inadempimento prevista dall’art. 40 II° co. del TUB, che è norma inderogabile.
Pertanto, in accoglimento dell’opposizione, il Tribunale ha dichiarato che la Banca non aveva diritto di procedere ad esecuzione forzata per il primo mutuo, mentre, per il secondo mutuo, il diritto di agire viene limitato alla sola somma di € 2.273,10, a titolo di rate scadute e non pagate, ritenendo illegittima anche in questo caso la risoluzione del mutuo.
Il Tribunale di Venezia con Sentenza del 22.05.2022 ricostruisce il saldo di conto corrente al netto degli illegittimi addebiti a titolo di anatocismo ed usura in € 47.097,20 in favore della società correntista.
Con provvedimento del 20.05.2022 il Giudice dell’ Esecuzione del Tribunale di Padova, in accoglimento dell’istanza presentata dalla società esecutata, dichiara estinta la procedura esecutiva che una banca aveva promosso in forza di due mutui.
In particolare, il Giudice, preso atto dell’esito vittorioso del giudizio di opposizione all’esecuzione, ha ritenuto “l’improcedibilità dell’esecuzione forzata promossa in assenza di un valido titolo esecutivo”.
Nel provvedimento, il Giudice ordina la cancellazione del pignoramento e condanna la Banca a sostenere tutte le spese della procedura.
Nella vicenda esaminata dal Tribunale di Treviso, la Banca aveva notificato un decreto ingiuntivo chiedendo il pagamento di € 270.000,00, facendo valere una fideiussione rilasciata per una società dichiarata fallita.
Il fideiussore, spiegando opposizione con il patrocinio dell’ Avv. Alessio Orsini, ha dedotto la nullità della fideiussione poiché conforme al modello ABI dichiarato lesivo della concorrenza.
Del punto di vista della prova, il Tribunale ha osservato non solo la perfetta coincidenza tre la clausole della fideiussione con quelle di cui al predetto modello ABI, ma ha anche precisato come “Né, comunque, gli opponenti possono ritenersi onerati di provare il carattere uniforme dell’applicazione delle clausole contestate, come sostiene l’opposta … tanto più che la fideiussione in parola è stata rilasciata in data 22.11.2002 ossia proprio nell’arco temporale oggetto dell’indagine svolta dalla Banca d’Italia (dal 2002 al maggio 2005), il che avvalora l’elevata attitudine probatoria del provvedimento sanzionatorio”.
Il Tribunale di Pesaro con sentenza n. 307 ha revocato il decreto ingiuntivo di € 81.033,42 nei confronti del fideiussore ingiunto per la nullità delle clausole ABI ritenute lesive della concorrenza.
Il Tribunale di Firenze con sentenza n. 1125 ha revocato il decreto ingiuntivo di € 395.244,48 accogliendo parzialmente il ricorso opposto.
Il Tribunale di Belluno con ordinanza del 15/04/22 ha ordinato la sospensione dell’efficacia esecutivo del precetto in quanto la banca non ha prodotto la necessaria documentazione contrattuale attestante l’inclusione del credito oggetto della causa di cessione.
Il Tribunale di Genova con sentenza n. 960 ha revocato il decreto ingiuntivo di € 254.173,81 ed ha recuperato gli interessi non dovuti a titolo di anatocismo, commissioni di massimo scoperto e spese.